Le competenze narrative sono strumento fondamentale di dialogo e di costruzione della relazione di cura... e si possono imparare
Questa è la nostra Vision , questo è "come la vediamo": per una buona relazione di cura non possono bastare le competenze tecnico-scientifiche, perché la cura non è solo terapia, ma anche relazione. Rita Charon definisce la Medicina Narrativa come medicina fortificata dalle competenze narrative. Le competenze narrative non si basano solo su doti naturali o sul talento personale, ma richiedono da parte del curante una formazione specifica e continua. Sono competenze trasversali, non una specifica disciplina e non si applicano solo in medicina.Durante la relazione di cura avviene uno scambio di narrazioni. Il curante e il paziente sono entrambi portatori di un punto di vista specifico, di un mondo di significati, di esperienze, di opinioni e di conoscenze. Il buon esito della relazione di cura si gioca tutto in questo scambio, nella dinamica conversazionale che si instaura.
Per questo motivo crediamo che le competenze tecnico-scientifiche non siano sufficienti, ma servono anche le competenze narrative.
Che cosa sono, dunque, queste "competenze narrative"?
Trisha Greenhalgh della Oxford University, in un articolo fondamentale pubblicato sul BMJ nel 1999, spiega come la formazione dei medici, nella cultura occidentale, si sia sempre più concentrata sulle competenze tecnico-scientifiche, favorendo una visione riduzionistica che non tiene conto della dimensione del significato della storia di malattia.
Scrive la Greenhalgh: “quando i medici raccolgono la storia clinica agiscono inevitabilmente come etnografi, storici e biografi, dovendo comprendere aspetti della persona, della personalità del funzionamento sociale e psicologico e fenomeni biologici e fisici”.
La formazione dei curanti deve, quindi, essere integrata attraverso competenze che sono considerate appannaggio di altre discipline, declinandole nello specifico contesto di cura.
Rita Charon, che da anni le insegna alla Columbia University di New York - individua tali competenze, descrivendo 3 movimenti:
- ATTENZIONE (attention)
"A combination of mindfulness, contribution of the self, acute observation, and attuned concentration enables the doctor to register what the patient emits in words, silence, and physical state", scrive la Charon. Il curante fa "vuoto" dentro di sé, per lasciare spazio e accogliere la narrazione del paziente, a partire da una postura di umiltà. - RAPPRESENTAZIONE (representation)
Dopo aver accolto la narrazione del paziente, il curante dà una forma narrativa, generalmente scritta, a quello che ha sentito e vissuto. "...the representational act is a critical positional step. By giving the formless experience a form, the creator can perceive and display all dimensions or facets of the situation". - AFFILIAZIONE (affiliation)
In virtù dei due movimenti precedenti si stabilisce un legame tra curante e curato, un reciproco riconoscimento, una comunione. "The writing renders the doctor audible, the patient visible, and the treatment a healing conversation between them. Until the writing, there are two isolated beings—the doctor and the patient—both of whom suffer, and both of whom suffer alone. By virtue of the writing, there is hope for connection, for recognition, for communion".
Non si tratta semplicemente di "ascoltare di più" o di mostrare buoni sentimenti verso chi soffre. E nemmeno di applicare protocolli standard o seguire una checklist di domande e consigli. Non bisogna cadere nell'errore di banalizzare: le competenze narrative sono complesse, ma si possono apprendere con specifiche attività formative.
Sulla base della nostra esperienza e dal confronto con la letteratura scientifica, riteniamo che le competenze narrative sono costituite da un mix di:
• capacità testuali e interpretative, che permettono di accogliere, comprendere e interpretare le narrazioni del paziente;
• capacità riflessive, che rendono consapevoli all'interno della relazione, di essere portatori di un punto di vista
• capacità affettivo-relazionali, che rendono possibile un'apertura empatica;
• capacità creative, che permettono di costruire una nuova narrazione insieme al paziente;
• una postura di umiltà narrativa e di curiosità nei confronti dell'altro.
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